: Ricercare sul tema di CHANSON (1992) :
 
per 2 leggìi di arpe eolie e 2 esecutori
durata 15' ca. 


Il 1968, anche se molte persone oggi fanno bella mostra d’averlo dimenticato, non fu davvero anno propizio alla costruzione di arpe eolie. In questo anno accigliato e privo di eros, nel quale persino la mistificazione pareva densa di contenuti necessari, io mi accinsi con grande entusiasmo all’elaborazione di Cartridge Music di John Cage, uno dei lavori meno studiati ma più importanti del compositore da poco scomparso.

Nel cercare “ad usum Cage” e come Colombo “el levante por el ponente”, mi imbattei in un oggetto decisamente culinario, la cosiddetta chitarra abruzzese: un telaio di legno sul quale parecchi fasci di corde metalliche in tensione servono a tagliare esattamente l’omonima pasta, apprezzata e ricercata in patria e all’estero anche dai cultori della Nuova Musica, nei quali attualmente l’ansia di levità e leggerezza, con l’alibi della nostalgia, mette sempre più a tacere l’antico cilizio, l’antica disciplina.

In caccia di “suoni non altrimenti udibili”, sottoponevo l’oggetto ad elettroniche vessazioni, sconosciute alle massaie abruzzesi e non ancora in grado di fornirmi il risultato che cercavo; cioè dei suoni la cui presenza fosse tale da renderli idonei a formare un discorso musicale trasportabile in una sala da concerti.

Un giorno – il mio studio allora dava sul mare -, non so più se per ricordo dei poemi di Ossian o per omaggio a Goethe, mi venne l’idea di esporre la chitarra nell’arco della finestra del terrazzo.

Il risultato fu per me emozionante, anche se privo ancora di concrete possibilità d’applicazione: grazie ad una amplificazione elettronica spropositata, ottenni effettivamente i primi suoni eolici della mia carriera. Una ulteriore spinta, decisiva – direi quasi traumatica -, ricevetti da una visita casuale allo studio elettronico R7 di Roma. Il tecnico dello studio, Guido Guiducci, persona dotata di inesauribile fantasia e in continua ricerca di soluzioni alternative ai problemi dell’allora ancor giovane elettroacustica sperimentale, aveva costruito un telaio metallico sul quale un avvolgimento di filo d’acciaio di spessore infinitesimale dava luogo ad una doppia superficie di corde il cui scopo avrebbe dovuto essere quello di dotare lo studio d’una eco artificiale in sostituzione della cosiddetta eco “a piastra”, ingombrante e relativamente costosa.

L’esperimento non sortì l’effetto sperato. Prima d’essere abbandonato tra i ferrivecchi, l’oggetto servì tuttavia ad una curiosa applicazione: soffiando lievemente sulle corde e facendo contemporaneamente uso d’un microfono molto sensibile, Guiducci registrò su nastro magnetico una sequenza di suoni eolici che ebbero se non altro l’effetto di turbare i miei sonni e di convincermi ancor più della necessità, per me, di insistere nella ricerca iniziata.

Passarono alcuni anni e il problema, ancora irrisolto, si trascinò con me fino a Berlino dove, quale artist in residence del DAAD (Deutscher Akademischer Austauschdienst), ebbi finalmente l’agio di attrezzare un vero e proprio laboratorio artigiano – non più un’estensione del mio tavolo da lavoro di musicista – e di riprendere quindi con successo la vecchia idea. Era il 1973; l’anno successivo registrai in prima esecuzione, presso gli studi RAI di Milano, Chanson pour instruments à vent, installazione di arpe e “gong eolici” per un esecutore.

Tre dei cinque oggetti eolici (attenzione: non strumenti!) usati nel progetto odierno sono tratti da Chanson, e questo spiega il titolo; quanto al bisticcio tra il nome dell’Associazione che mi ha commissionato il lavoro e il nome classico di “Ricercare”, forma musicale che anticipa la Fuga, spero mi sia perdonato. Più grave ancora sarebbe il sospetto che io, seguendo cattive abitudini attuali, avessi voluto riferirmi per debolezza ad un passato musicale glorioso ma non replicabile e avessi cercato in esso una inadeguata legittimazione.

Niente di tutto ciò: sia i detrattori che i sostenitori eventuali del mio lavoro si tranquillizzino. Ricercare 1992, per tre arpe eolie, due costruzioni di “gong” eolici e due esecutori, anche se nella struttura si serve di alcune corrispondenze e proporzioni tratte dalla prassi contrappuntistica tradizionale, all’ascolto offrirà soltanto un fluire ininterrotto di sonorità molto più vicine al ritmo e al respiro del vento che non alla stilizzata sovrimpressione di figure appartenenti alla pratica strumentale e alla morfologia della musica antica o contemporanea.

Mario Bertoncini

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