: Cimitero degli elefanti (1979/2000) :
 
installazione all'aperto per pianoforti ed elaborazioni elettroniche
durata var. 


cimitero degli elefanti, schizzo istallazione

Cinque pianoforti a coda di dimensioni diverse (possibilmente almeno uno di essi di m. 2,75) e non tutti di color nero, sono sparsi irregolarmente in un comprensorio delle dimensioni approssimative di un ettaro.

In una o più zone dell’installazione sono accumulati in disordine frammenti di pianoforti: gambe, alcuni grovigli di corde, un’arpa, un coperchio, ecc.

I cinque strumenti, alcuni privi di coperchio, altri col coperchio alzato, sono dotati di un dispositivo costruito e sperimentato per la prima volta da M. Bertoncini nel 1970 in un lavoro intitolato Scratch-a-matic e depositato alla S.I.A.E. nel ’72. Tale dispositivo impiega un certo numero di piccoli motori a corrente continua - in media nove per ciascuno strumento - il cui voltaggio, controllato in frequenza, genera in ciascun motore una velocità variabile entro un ambito di circa 10 / 300 giri al minuto. Tali motori sono applicati per mezzo di una speciale apparecchiatura alle corde dello strumento; mediante una rotella di gomma essi sfiorano delicatamente la corda nei punti nodali, ottenendo così una modulazione di suoni armonici continui. La produzione continuamente variabile di tali armonici, così come la dinamica di essi, sono dipendenti sia dalla velocità del motore, sia dalla pressione che la ruota esercita sulla corda.*

Idealmente la produzione di tali onde sonore dovrebbe essere soltanto acustica, cioè priva di amplificazione. Com’è facile immaginare, l’adozione dell’uno o dell’altro sistema dipende essenzialmente dalla natura del territorio prescelto per l’installazione. Alcuni motori, applicati a strumenti diversi, sono programmati automaticamente; altri dipendono dagli spostamenti e dai movimenti dei visitatori. A questo scopo, accanto a ciascun pianoforte viene installato un dispositivo fotoelettrico che controlla il voltaggio, e quindi la velocità, impartito ai motori in modo parzialmente automatico, grazie all’impiego di generatori di inviluppo.

*La produzione degli armonici dipende in questo caso dallo sfioramento della ruota nel punto nodale della corda, dalla velocità del motore, ma anche da un fenomeno d’interdipendenza tra l’ampiezza della vibrazione e l’effetto che l’aumento di essa produce sul motore stesso. Frenato dalla pressione esercitata dall’ampiezza in aumento, il motore riduce gradatamente il numero di giri con la conseguenza di ridurre analogamente l’ampiezza di vibrazione ed il conseguente volume sonoro: ovviamente il ciclo si ripete all’infinito ma con valori sempre lievemente diversi. Acusticamente parlando, da tale interazione risulta una sorta di “respiro” variabile. Da vari punti dello spazio sonorizzato partono strane invocazioni ...


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