Nella parte
elettronica di esso sono stati elaborati più di quattrocento campioni
sonori eseguiti dal Cellista Francesco Dillon usando quasi esclusivamente
uno speciale dispositivo da applicare agli strumenti ad arco. Tale dispositivo
è stato costruito da Mario Bertoncini nel 1992 e da lui brevettato
l’anno successivo col nome di STABDÄMPFER (Sordina a barre).
La registrazione dei campioni ha avuto luogo nel laboratorio elettroacustico
dell’Akademie der Künste di Berlino.
Apparentemente per un singolare rovesciamento dialettico ma in realtà
come effetto della precisa volontà di esercitare da parte del compositore
un assoluto controllo sull’operazione, il lavoro, all’ascolto,
data la sostanza armonica microtonale e l’assenza di figure ritmiche
chiaramente individuabili, è ascrivibile all’”Informale”.
Un’analisi approfondita di esso rivela invece una complessa struttura
seriale che intreccia la matrice del “quadrato magico di Giove”
e quella comprendente le prime sei cifre della serie numerica di Fibonacci.
Essendo quest’ultima derivata per affinità proporzionale
dai rapporti numerici della Sezione Aurea e rappresentando la durata del
lavoro la somma totale delle cifre del quadrato di Giove frammentata a
sua volta da una struttura canonica che include anche momenti alternati
di pausa, l’autore ha per conseguenza organizzato secondo le proporzioni
della SA anche il rapporto scambievole tra le sezioni strumentali live
e lo svolgimento del materiale preregistrato.
Ma non è tutto. Verso la metà del pezzo è possibile
riscontrare delle forme canoniche tra lo strumento live ed il registrato
e l’uso di strutture palindromiche e canoniche che accompagnano
il lavoro sino alla fine.
Inoltre, per dovere di cronaca, sarà necessario aggiungere qui
che a livello di matrice, una terza dimensione rappresentata dall’organizzazione
delle lettere componenti il nome BACH, trasposte e organizzate in tre
tronconi per un totale di dodici suoni diversi, completa dialetticamente
una ulteriore smentita stilistica al contenuto informale del pezzo, che
rimane tuttavia innegabile. Riguardo alla pertinenza dell’uso di
strutture dodecafonico/seriali, mi sia consentito di ricordare qui che
se è vero che l’intero lavoro si giova d’un tessuto
armonico microtonale, cioè basato su intervalli non temperati,
è altresì vero che la nostra percezione di musicisti occidentali
non riesce mai a raggiungere una valutazione assoluta, in sé, di
terzi e quarti di tono: per il musicista occidentale un quarto di tono
sotto o sopra una frequenza data presuppone sempre il riferimento ad una
quantità nota, l’intervallo temperato.
Per l’elaborazione
digitale della parte registrata mi sono servito esclusivamente, come ho
già detto, del suono concreto della sordina a barre N° 1 senza
fare assolutamente ricorso a procedimenti midi o sintetici. Il lavoro,
con brevi interruzioni, s’è svolto quasi quotidianamente
dal dicembre del 2000 al giugno dell’anno successivo presso uno
studio privato; senza l’assistenza costante ed infaticabile del
proprietario dello studio, il compositore Christian Messer, Elementi di
Forma non avrebbe mai assunto l’aspetto che ha. |